PARMA (FIDENZA – BUSSETO)

Sempre in emilia romagna, nel paese di Fidenza, in provincia di Parma, presso l’Archivio diocesano è stato rinvenuto un documento antico risalente al 1358 nel quale è scritto: “Millessimo Trecentessimo Quinquagessimo Octavo Inditione undecima die decimo octavo novembris. Discretus et sapiens vir donnus Johannes de Mezadris canonicus Burigensis et vicarius generalis venerabilis viri et domini donnus Paxini de Schicijs prepoxiti eclexie(A) Sancti Donini de Burgo Sancti Doninj existens in sacrestia et capitulo eiusdem Eclexie(A) precepit Zanino fillio Conradi Reg(re)tuti de dicto Burgo famulo Iohanino Iohanini de Schivabagnis sacriste prelibate eclexiea seu sacrestie quatenus de cetero sub pena excomunicationis, si secus fecerit et similiter sub pena duorum solidorum”

La provincia di Parma, per la precisione il paese di Busseto, ci regala nel 1826 il noto pittore Alberto Pasini.

Questa è la sua biografia:

Il 3 settembre 1826, Alberto Pasini nacque a Busseto (PR) da Giuseppe, ivi Commissionario di Distretto, e da Adelaide Crotti Balestra. Venne quinto dopo due bimbe e due bimbi. A due anni perse il giovane padre, morto improvvisamente e venne portato a Parma poiché alla madre non era rimasto altro che ritirarsi con i figli nella città d'origine, sotto la protezione della propria famiglia e dello zio, Antonio Pasini, emerito pittore e collaboratore di Bodoni.

Affermando la propria vocazione, Pasini diciassettenne, si iscrisse all'Accademia Parmense di Belle Arti; scelse la sezione di Paesaggio. inserita in Scenografia e. nel 1848, quella di Disegno. Scelte quanta mai consone alla propria indole. Gli studi. anche se non conclusi. influenzarono la sua formazione artistica e gli fornirono strumenti, che risulteranno determinanti per la sua peculiare impostazione pittorica e per la stesura grafica. Fra i tanti giudizi in merito. ricordiamo quelli espressi dal critico francese E. Bergérat: “…la précision de dessin achevée n'est qu’a lui et, seul, il a le secret de ces architectures féeriques...” e dell'italiano P. Bucarelli che gli riconosceva, alla voce A.P. dell'enciclopedia Treccani: “La efficacia espressiva del disegno esattissimo, un felice equilibrio nella composizione...”.

La sua attività fu, dapprima di disegnatore e di litografo. Iniziò con Trenta vedute di castelli del Piacentino in Lunigiana e nel Parmigiano (1850-51). Alcuni castelli furono duplicati all’olio, altri eseguiti all’acque­rello, come quelli donati all'amica famiglia Ruffini.

Alla fine del 1851, la situazione politica, la mancanza di prospettive di lavoro e, d'altro canto, la fiducia riposta in lui dal grande Paolo Toschi, lo decisero a lasciare Parma per Parigi. Qui la fortuna, ma anche le sue notevoli capacità grafiche ed espressive gli fornirono l’opportunità di lavorare presso il maggior studio francese di litografia, quello di Charles ed Eugène Ciceri. Pasini si trovò, dunque, inserito in uno degli ambienti più ricchi di stimoli e possibilità cognitive della capitale culturale del XIX secolo.

I momenti di libertà, gli permettevano di scoprire le coste atlantiche a Etretat, Dieppe e di riprendere scorci della foresta di Fontainebleau. Erano esperienze espresse con dipinti ad olio e la loro esecuzione si ispirava alla cosidetta Scuola di Barbizon. Questa ponendosi tra i suoi obiettivi anche quello di innovare la pittura di paesaggio attraverso una più efficace adesione alla realtà, corrispondeva ad una esigenza particolarmente sentita dal nostro.

Eppure, in seguito, il periodo di Fontainebleau fu tralasciato dal Pasini in quanto non così aderente al vero rispetto al modo, senz’altro più radicale, con cui egli venne, in seguito a percepire il problema relativo alla rappresentazione vedutistica.

La litografia La sera, del 1853, lo fece ammettere per la prima volta al Salon parigino di quell’anno. Dopo questa affermazione estremamente importante, Pasini lasciò i Ciceri, ed entrò, nel 1854 nello studio del pre­stigioso Chassériau. Il validissimo e amabile maestro segnò il suo destino, per i suoi insegnamenti e per la possibilità che gli offrì di sostituirlo, come pintore addetto, nella Mis­sione del Ministro Plenipotenziario P. Bourèe, allora in partenza per la Persia.

La Missione lasciò l’Europa a fine febbraio 1855 e, dopo due percorsi marittimi, (di cui uno fu il periplo della penisola arabica) ed una cavalcata di migliaia di chilometri, giunse il 2 luglio nella capitale persiana. Pasini soggornò dieci mesi a Teheran che riprese, con i dintorni, in moltissimi appunti.

Il viaggio di ritorno. nel 1856, avvenne in compagnia del linguista Barbier de Meynard. Questa volta egli attraversò il Nord della Persia e l'Armenia arrivando, infine, al Porto di Trebisonda per l'imbarco verso l'Europa.

Durante tale straordinaria avventura per terra e per mare, davanti a lui si erano susseguiti scenari di imponenza eccezionale, tappe di grande bellezza e suggestione che egli aveva puntualmente registrino con l'occhio attento e riportato con mani rapidissime, disegno dopo disegno su piccoli album portatili.

Tornato a Parigi, compose, con dodici tra le immagini più significative. l'ultima sua opera litografica: Viaggio nell'Egitto in Persia e nell'Armenia (1857-1859 Parma e Parigi), quasi un’illustrazione del libro “Trois ans en Asie” che il Conte J.A. De Gobineau, altro componente della missione, aveva redatto sull'evento.

In seguito, Pasini mise a frutto quell’immenso patrimonio di memorie dando spazio e vita nei suoi dipinti ai piccoli caffè persiani sotto gli alberi, alle cavalcate sfrenate e alle fantasie delle scorte, alle cacce al falco, alle lunghe carovane. Nel lavoro sempre più si riaffacciò quello che egli prediligeva: la pietrosa Persia del Sud, la Persia arida la cui immensità e abbandono portava il suo animo “…ad una malinconia non disgiunta da una sensazione di calma e di pace....”

E proprio là, dove si era formata la sua contrattualità solitaria con lo spazio egli ritornerà negli ultimi lavori vivendone la nostalgia in un diverso tocco di mano.

Alla fine del 1859 siamo al secondo viaggio nell'Oriente Mediterranico. Di questo itinerario daranno testimonianza gli studi eseguiti al Cairo in cui U. Ojetti vedeva: “...non la convenzionale fornace ardente dai colori urlanti, incandescenti, ma tutta la mestizia di quella pallida afa canicolare...”: come pure resteranno gli studi del Deserto Arabico, del Sinai, delle coste libanesi e infine di Atene, meta finale.

Tutte, opere che ispireranno quadri rifiniti, accurati così come imponeva la commitenza del tempo. ma conserveranno efficacissima la trasposizione delle limpide profondità di campo, della vastità degli orizzonti, di quella luce ancora sconosciuta all'occhio europeo legato al ciclo boreale. Pasini ne era rapito, come per esempio dalla vegetazione, “…rara. ma d'un verde d'uno splendore quale in Europa non possiamo avere idea [….] quel verde luce di bengala...”.

Una volta terminato il viaggio potè unirsi in matrimonio, nel 1860 con Mariannina Celi di Borgotaro. L’unione durerà sempre con intenso affetto e sarà allietata nel 1862 dalla nascita avvenuta a Parigi, dove ormai i Pasini risiedevano stabilmente, di Claire, la loro unica discendente.

Mentre in Italia perdurava verso di lui una critica ufficiale piuttosto ostile, malgrado l'ospitalità datagli dalle Società Promotrici di Firenze e di Torino o dalla Società d’incoraggiamento di Parma, Pasini nel 1865, era ormai esente da esami di accettazione al Salon e la sua attività era ben conosciuta attraverso le valutazioni dei critici. dei resocontisti e dalla Casa d'Arte Goupil.

L’estate del 1865 portò una breve stagione a Cannes di cui rimarranno una quindicina di studi dominati dalla luminosità solare propria alle isole Lérins, che prediligeva come soggetti. Nell'ottobre del 1867, Pasini lasciò temporaneamente lo studio, che condivideva con il Pittara. e si mise nuovamente in viaggio. La meta questa volta fu Stambul, allora Costantinopoli, perché Bourée. nominatovi Ambasciatore di Francia, Io chiamava presso di sé. Bourèe che era divenuto nel frattempo per lui un padre, un amico, un mecenate.

Come la bella cima apparve all'orizzonte, con le sue cupole imponenti e “...gli eleganti loro minareti che si direbbero messi lì per sostenere la volta del cielo...", Pasini fu preso dall'ansia “...Saprò io interpretarla in modo mio proprio?...”. Vi riuscì ben presto, stabilendo un rapporto privo di apriorismi, affrancato come egli era da culture sofisticate e legate ad una specifica identità nazionale. In un approccio umano, genuino, che lo rese, forse per questo, fra gli orientalisti italiani, il più gradito e il più duraturo, egli giunse a fare di un fraseggio essenzialmente pittorico, un racconto pacato, attendibile. In esso traspariva l'autentica dimestichezza con una umanità fatta di signore che scampagnavano giulive alle “Acque dolci” d'Europa e di Asia e frequentavano i mercati, di gentili almee, di cavalleggeri, di artigiani, di venditori ambulanti, di staffette che gremivano le strade sicché, in definitiva, nel suo grande reportage, l'esotismo arricchì, informando, la conoscenza del mondo, anziché esasperarne una ambigua immaginazione.

L’intenso lavoro, durato più di nove mesi, produrrà 51 studi.

In Turchia ritornerà ancora l'anno seguente per consegnare i quattro quadri che, al fine di abbellire il Palazzo del Dolmabahçé, il sultano Abdul Aziz aveva commissionato proprio a lui, primo fra i pittori europei.5 In quell'occasione divagò sulle rive del Bosforo, a Beicos, a Buyukdèrè, a Terapia. Nel 1873, nel terzo viaggio egli portò. invece, una particolare attenzione alla città anatolica di Brussa.

La guerra del 1870 provocò il rientro in Italia ed egli fisserà la sua dimora a Cavoretto presso Torino in una grande villa, la Rabajà.

Lì finalmente, potè esaurirvi il desiderio di ogni emigrante, quale egli stesso era stato, sia pure in nome dell'arte. Il desiderio, negli ultimi anni che Dio avrebbe dato, di vivere “...stretti, uniti insieme, respirare la stessa aria, godere della stessa luce, seduti allo stesso desco nella pace calma della vita inti­ma e ritirata...”.

Attorno alla casa si stendevano i campi che appagavano il suo grande amore per l'agri­coltura. All'interno le sue collezioni d’arte antica e moderna. Quest’ultima vera testi­monianza della sua adesione alla contemporaneità.

Malgrado tutte le difficoltà inerenti, tentò ancora nel 1876 un quarto viaggio in Turchia. La tragica morte del sultano Aziz e i disordini conseguenti, bloccarono però il viaggio a Vienna.

Da allora Pasini dovette rinunciare a quel paese per lui tanto seducente dove il vero era uscito dai limiti del paesaggismo per farsi accettazione di una intera società e dove, nell'ambito della sua sensibilità artistica, il colore aveva preso il sopravvento.

Ad imporlo era stata tutta quella folla che, mescolandosi a cavalli, colombi, cani, mercanzie di ogni genere, fumi e profumi, permeava di sé Galata, Tophane o passeggiava sulle rive delle acque azzurre del Bosforo. In quella variopinta gente, erano le donne musulmane con i loro costumi a colpirlo particolarmente ed egli le paragonava a dei “fiori parlanti”.

L’interruzione del viaggio verso Istanbul indusse Pasini sulla strada del ritorno a fermarsi a Venezia. Da allora questa città sostitui a pieno titolo l'Oriente. Divenne per lui “l’incomparabile oggetto di un amore” forse perché solo lei poteva concedergli una commozione più intima personale, avulsa dalle richieste incessanti e vincolative — compliceil successo — dei quadri di tipo orientalista.

La ritrasse quasi pudicamente non nella gloria, ma nei piccoli canali, alle soglie dei vecchi palazzi, dalla Giudecca. Si disse che a Venezia aveva salvato una parte di sé, all’arte pura, altri vollero addirittura richiamare il Canaletto, data la sua visione rapida, limpida, immediata nel tono.

Nel 1878, in occasione dell'Esposizione Universale di Parigi, presentò undici dipinti, piccola summa del suo orientalismo e vi raggiunse il massimo dell'affermazione pubblica per la Sezione Italiana. Ormai i critici anche quelli più ostili al suo genere esotico lo apprezzavano per la sua capacità di rendere il paesaggio e le architetture e la disposizione vivente delle figure. Di lui si sottolineava soprattutto la padronanza luminosa dello spazio in controluce.

Gli anni ottanta videro la ripresa della pittura all’acquerello a lui richiesta da varie organizzazioni culturali parigine con le quali manteneva stretti rapporti. Compì inoltre due viaggi in Spagna nel 1879 e tal 1883 sempre mantenendo costanti le sue visite a Venezia sino all'85.

Nell’88 dipinse. Con legittimo orgoglio. il proprio Autoritratto per la Galleria Vasariana degli Uffizi.

Dal 1891 al 1899 ultimò la serie di quadri che aveva dedicato a Cavoretto e al Maniero di Issogne a partire dal '79. Nel 1896 si accomiatò dal Salon e, infine, con decisioni per lui assolutamente insolite partecipò sia al Comitato di patrocinio della Biennale di Venezia del 1895. che alla giuria dell'Esposizione Nazionale di Torino del 1898.

In quell'occasione, ultima sua presenza pubblica, egli sarà amorevolmente forzato ad esporre i suoi circa duecento studi dal vero, dipinti che erano sempre stati tenuti fra le pareti domestiche. Erano le segrete testimonianze del suo duro e insicuro lavoro di pittore "en plein air", maltrattalo dal vento, dalla pioggia e perfino osteggiato "dall'inevitabile progresso" dei vaporetti di Venezia!

La mostra degli studi “...fu una confidenza estrema al grande pubblico della sua vita pittorica...” scriverà il primo biografo di Pasini. il pittore Marco Calderini. Fu la rivelazione di una pittura che. per la inmediatezza e la destrezza del tratto, la semplicità espositiva, era ben diversa da quella che — basata su una elaborazione coscienziosa, su di un preciso incastro delle forme, dei volumi — aveva costituito in modo inconfondibile, la sua cifra stilistica.

Laboriosa, serenamente conviviale, la sua vita terminò all'alba del 15 dicembre 1899.

 

LIBRO "LE FAMIGLIE PASINI"
LIBRO "LE FAMIGLIE PASINI"
LISTA EXCEL PASINI
LISTA EXCEL PASINI
LISTA TESTAMENTI PASINI IN VENEZIA
LISTA TESTAMENTI PASINI IN VENEZIA
FAMIGLIE BENETTI
FAMIGLIE BENETTI
FAMIGLIE CEOLA
FAMIGLIE CEOLA
FAMIGLIE FURLANETTO
FAMIGLIE FURLANETTO
FAMIGLIE PASTORI
FAMIGLIE PASTORI
FAMIGLIE PAVAN
FAMIGLIE PAVAN
FAMIGLIE PIERACCINI
FAMIGLIE PIERACCINI
FAMIGLIE TREVISAN
FAMIGLIE TREVISAN