PAVIA

Narriamo ora della lapide sepolcrale di un certo Pasino degli Eustachii e di un documento inedito che lo riguarda.

Tra le antiche e notabili famiglie Pavesi quella degli Eustachii tiene un posto cospicuo, sebbene scarse notizie siano a noi pervenute intorno ad essa. Tuttavia da quel poco che ci è dato conoscere, specialmente per ciò che riguarda il periodo Visconteo-Sforzesco, si può facilmente comprendere in qual conto essa fosse tenuta, e quali uomini egregi abbia potuto vantare. Che la famiglia patrizia degli Eustachii fosse veramente una tra le più illustri, è attestato da vari fatti e da documenti.

Bernardo Sacco la vuole derivata da una famiglia lordana o Giordani, già feudataria di un cospicuo Borgo, detto Monte Veliere, che le acque del Po avevano ingoiato nella prima metà del secolo XVI. Da un discendente dei Giordani, di nome Eustachio, figlio di Pietro, viro clarissimo, venne alla prosapia il nuovo cognome, col quale è conosciuta nella storia medioevale e moderna.

Il nostro Pasino degli Eustachii, occupò l'importantissima carica di capitano generale del Naviglio Ducale.

Il monumento più importante, che si osservava in una cappella della navata destra della chiesa di S. Teodoro, è quello, di cui oggi offriamo ai lettori il disegno, e cioè la pietra, dal Pasino, che più d'ogni altro di sua famiglia illustrò il nome degli Eustachii, fatta apporre al sepolcro, nel 1453 preparato in detta chiesa per sé e per i proprii genitori. Che il sepolcro sia stato eretto nel 1453, si può rilevare dalla iscrizione seguente, la quale nel 1612 venne sostituita all'antica e primitiva, rimossa perché guasta:

Sepulcri an. MCCCCLIII condili a prestanti viro Patrie. P.P. et cap. Generali totius navigii Status Med. Pasino Eustachio antiquo lapide vetustate diruplo, his verbis impresso hunc novum lapidem Io. Lucidus et lob. Dominicus Feud. ejus posteri reponi curarunt anno 1612.

Il dotto nostro concittadino Don Cesare Prelini, il quale pubblicò nell'appendice all'Almanacco sacro pavese pel 1881 questa iscrizione, racconta le vicende dell'antica lapide, che rimase in Pavia sino al 1880, nel qual anno fu venduta e trasportata a Milano. Prima della vendita ne fu tratta una fotografia, di cui ha copia la Biblioteca della nostra Università, e di essa noi siamo in grado di offrire oggi ai lettori la riproduzione in eliotipia. La lapide, che, per le ricerche del gentilissimo cav. V. Forcella, abbiamo potuto sapere ancora esistente a Milano presso il signor cav. Ponti, è in alcune parti spezzata. Tuttavia l'epigrafe vi si legge chiaramente nella sua enunciazione più importante.

Però la spiegazione di alcune parole di questa lapide, pubblicata dal Prelini stesso, non risponde precisamente a quanto in essa si vede, ove venga bene esaminata. Infatti egli vi avrebbe letto:

“il. et prudentis viri Pasini de Eustachio capitana navigli. I. Gai. primi Ditcis Mli. et genitor Ora, il nostro Pasino”.

coprì la carica di capitano del Naviglio esclusivamente durante il governo del duca Filippo Maria Visconti, e non già sotto Gian Galeazzo. Osservando infatti la lapide appare chiaramente, che dove fu letto Gai. si deve invece leggere condam. La lettera 7", interpretata come iniziale di loannis, si deve ritenere invece come iniziale del titolo: lllustris, leggendo così: Ilhistris condam. Dopo questa parola la pietra è spezzata e l'iscrizione rimane mutila, come è nel suo principio; e bisogna procedere, diciamolo pure, un po' a caso e per induzione. Però stando a quello che il fatto suggerisce; e ritenendo che il Pasino fu in auge, come ci assicura la storia, al tempo di Filippo Maria, il quale era, come tutti sanno, figlio del primo duca di Milano Gian Galeazze; ed osservando altresì che la parola mancante non potrebbe essere che di poche lettere, in questo luogo solo un piccolissimo angolo del marmo restando infranto, così io credo che vi si potrebbe trovare la parola filii, potendosi così leggere l'iscrizione, nella sua massima parte, come segue:

...prudentis viri Pasini de Euslachio capitana navigli llustris condam filii (?) primi ducis Mediolani, et genitorum suorum....

Questa, secondo me, sarebbe la interpretazione più naturale di questo marmo sepolcrale, fregiato dallo stemma gentilizio degli Eustachii, fiancheggiato da un P, e da un A, iniziali di Pasinus. Questa spiegazione risulta quasi interamente da quanto è scritto sulla lapide stessa ed è confermata dai fatti. Il Pasino fece costruire il sepolcro nel 1453, quando cioè era già morto Filippo Maria: il che darebbe ragione del quondam, non potendosi, di conseguenza, leggere altra parola al’infuori del filii.

Ed ora, che abbiamo dato qualche cenno della lapide del sepolcro di Pasino, veniamo al documento, che riguarda il Pasino stesso. Eustachio Pasino, di cui purtroppo ignoriamo altre notizie biografiche, tenne l'alta carica di capitano generale del Naviglio Ducale, durante il governo di Filippo Maria.

Il 27 maggio del 1426 la lega tra la repubblica di Venezia, il Marchese di Ferrara, il Signore di Mantova, il Duca di Savoia e il comune di Siena dichiararono guerra al Visconti. Il nostro Pasino degli Eustachii, che aveva il comando dei galeoni ducali, la maggior parte dei quali si raccoglieva nella nostra Darsena, in tempo di pace, rimase sconfitto nelle acque di Cremona, addì 8 agosto di detto anno. Ma una strepitosa rivincita egli otteneva nel 1431 nelle acque stesse di Cremona, dove il 23 giugno, scontratosi colla flotta veneta, dopo una zuffa di 12 ore, riusciva a catturare il naviglio nemico, facendo circa ottomila prigionieri. In quella giornata il valore.

L'Anonimo autore della Cronaca di Milano da Giulio Porro Lambertenghi (Miscellanea di Storia Italiana; tomo VIII; Torino, 1869, p. 203 seg.), così racconta questa vittoria navale contro i veneziani: « II duca.... mise a ordine.... nel Tesino un'altra armata poco minore di numero alla loro (de' Veneziani), ma superiore de virtù de combattenti e vi propose a governo D. Giovanni Grimatdi genovese peritissimo e Pasino Bagiano de li Eustachi de Puvia nelli esercizii marittimi expertissimi... e parendo a capitani della flottiglia pavese, e il nome di Pasino Eustachio venivano pienamente rivendicati e facevano dimenticare la prima sconfitta.

Nel 1436 poi troviamo ancora ricordato il suo nome in un documento, che venne pubblicato dal Comm. Prof. Carlo Magenta nella sua grand' opera sui Visconti e sugli Sforza, dal quale si rileva come il Pasino, sempre conservando il titolo di capilanci navigli, fosse tenuto in gran conto dalla Corte Ducale, che gli affidava mansioni assai delicate, per la difesa dello Stato. Nel 1446, sia perché il Pasino fosse divenuto inabile al servizio, sia per altro motivo che non conosciamo, cessò dal suo servizio.

II nomignolo di Baggiano, affibbiato a Pasino, era generalmente usato in Lombardia per indicare chi viveva fuori del paese nativo: «... dar del baggiano... è come dare dell'illustrissimo a un cavaliere »

Di lui non è più cenno, né durante il periodo della Repubblica ambrosiana, né sotto Francesco Sforza. Ma il documento, che abbiamo trovato nell'Archivio di Stato di Milano, getta l'ultimo sprazzo di luce sulla vita di quest'uomo, che tanta parte ebbe negli avvenimenti politici e nei fatti militari del suo tempo. L'ipotesi secondo me più accettabile, sarebbe questa; che cioè il nostro Pasino avesse avuto una carica affatto secondaria nel castello di Milano, detto anche di Porta Zobia, dove rimase 10 anni: trascorsi i quali, è probabile che si sia ritirato a vita privata in Pavia, dopo varie disgrazie che lo colpirono, delle quali si fa cenno nel Documento. Egli però continuò a godere, almeno per alcun tempo della fiducia del Duca; ed è curioso assai il sentir affidato a lui l'incarico di provvedere un organo per la cappella ducale. Ciò che per altro non ci reca meraviglia, perché in Pavia, la patria di maestro Lorenzo Gusnasco, era assai rinomata e coltivata l'arte organaria.

Il Pasino indirizzò la sua petizione a Galeazzo Maria Sforza ed a Bianca Maria Visconti, moglie di Francesco Sforza, e quindi essa venne scritta nel periodo corso dal 1466 al 1468. Ma appare chiaramente dal documento come, il Pasino, caduto in disgrazia della Corte, abbia rivolta la sua supplica ai Duchi nel 1466, allorquando il fratello Filippo poteva esercitare qualche influenza; perché, come già dicemmo, in tale anno Don Filippo Eustachio venne nominato castellano a Milano e prestò giuramento a Galeazze Maria ed a Bianca Maria. Lasciando ad altri di investigare le cause che abbiano indotto un fedele servitore del Duca Filippo Maria nella misera e compassionevole condizione, in cui lo troviamo caduto, pubblichiamo senz'altro il Documento, che ci da interessanti particolari intorno all'infelice capitano; augurandoci che altri studii, con maggior lena, le origini e le vicende della illustre famiglia pavese degli Eustachii e la vita di Pasino, che, nella prima metà del secolo XV, seppe tener ancora alto il nome della antica potenza della piccola, ma valorosa flottiglia pavese , ottenendone in premio persecuzioni, miseria e dolori.

Supplica di Posino degli Eustachii a Galeazza Maria Sforza ed a Bianca Maria Visconti.

(Archivio di Stato di Milano — Famiglia Eustachii; cart.)

Illustrissimi et Excellentissimi principes et d. d. mei semper observandissimi. Essendo stato il vostro fidelissimo servitore Paxino Eustachio in el castelo de porta Zobia vostro di Milano anni deci et havendo sempre servito di e note cossi fidelissimninente como credo ne siano informate le Illustr. S. V. et havendo io postposito ogni cossa di questo mondo per servire devotissimamente a la felicissima et bona memoria del Illustr. Signor qd vostro consorte et patre et acadendo a mi per desgratia a mi occorse in quelo castelo havere alcuni debiti privati et volendoli pagare di tanti mey beni immobili! volentera et di bonissima voglia como volano li ordini et statuti ducali; tamen la prelibata bona memoria del Illust. Signor a contemplatone de la contessa me fece destenire in ne le mani del capitatilo di justicia vostro di Milano, passato como proprio se fusse stato uno sassino et rebello de questo stato e tuto fu per compiacere a dieta contessa; unde li steti in personone mesi VII e mezo: per la qual cossa ne patiti de molti danni non solamente pecuniarii ma etiam corporali et etiam patisco di presente per che sono anni tri che io sono infermo e gravato di una lunga e oribille infirmitade e tuto è stato videndomi tractare in questo modo contra ogni raxoue; havendo io cossi fidelissimamente servito como ho facto et credo ne sia manifesto a le Illustr. S. V. e cossi a tuta quanta la corte de quelle: et etiam la prelibata bona memoria del Illustr. Signor me fece fare uno organo per la capella a mie proprie spexe promettendomi che Sua Signoria noti sarìa ingrata como n'è informato Johaune da Nouate e tuta la corte, il qual me costa ducati tercento e como fo fornito dicto organo il portay a quela, la qual me fece dire da li alquanti giorni per d. Geòrgie dal Careto che io il volesse vendere et che io non perderla niente; dunde che per la grande necessitarle me fu forza venderlo al Magnifico conte Johanue Bouromeo per ducati LXXX e questi sono li miei guadagni et le remuueracione del ben servire: per le qual cosse mi remango disfato et abaudonato da tuti quanti li mey fruirli, amici e parenti, salvo da Don Filippo castelano de le Illustr. S. V., mio fratelo, il qnal ine fa qualche bene. Di che may non ho voluto doverne scrivere cossa alcuna a le Illustr. S. V. et ho havuto patieutia fino che io ho poduto cioè non richedere ne et dare disturbo alcuno, ina como quelo il qual ho più speranza in le Illustr. S. V. le qual non me debano abandonare ance sncorerme in queste mie necessitade aciò che io possa guarire per che in verità mia intentione he de non vivere soto altra umbra che de le Illustrissime S. V.

Quare attentis predictis esso supplica et prega denotissimamente a le Illustr. S. V. le qual se dignano de subvenirmi de qualche cossa, aciò che io possa videre di cavarme fora de questa lunga et acerba mia infirmila, per che in verità vivendo io le Illustr. S. V. ne potarano avere qualche comodo e servicio per che sono sempre stato e sempre sarò fidelissimo servitore de le Illusfr. S. V. le qual non dignandosse de providerme potarò morire in grande necessità et a mi sarà forza andare mendigo, la qual cossa non credo sia intencione le le piissime Illustr. S. V. a li pedi de le qual humilmeute lacrimando me aricomando.

Eiusdem Dominationis destre

Servitor Paxinus Eustachius in omnibus fidelissimus.

(A tergo]

... principibus d.d. ducibus

... Papié Anglerieque comitibus

... et Cremane dominis dominis

... semper observandissimus.

LIBRO "LE FAMIGLIE PASINI"
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LISTA EXCEL PASINI
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LISTA TESTAMENTI PASINI IN VENEZIA
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FAMIGLIE BENETTI
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FAMIGLIE CEOLA
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